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PMB Patient Blood Management

Il termine “Patient Blood Management è stato utilizzato per la prima volta nel 2005 dal professor James Isbister, un ematologo australiano, che riteneva che l'attenzione della medicina trasfusionale dovesse essere cambiata, dall'emocomponente al paziente. Il PBM è nato storicamente per assistere i pazienti Jehovah's Witness (JW), in Italia i Testimoni di Geova, ma le conoscenze di medicina trasfusionale e le tecniche di risparmio del sangue acquisite su questa popolazione sono oggi a vantaggio dei pazienti di tutto il mondo. il PBM deve essere lo standard terapeutico per tutti gli ospedali. Il PBM è per la salute di tutte le persone. Non è limitato solo a coloro che per motivi religiosi (testimoni di Geova) rifiutano le trasfusioni. Il PBM è una strategia incentrata sul paziente volta a ridurre al minimo l'uso di emocomponenti e migliorare i risultati di quel singolo paziente. Se il paziente rifiuta l'emotrasfusioni si possono comunque migliorare i risultati clinici basandosi sulla risorsa sangue dei pazienti stessi. Il concetto di PBM non è focalizzato su una specifica patologia, ma mira a gestire la risorsa sangue del singolo paziente che, quindi, acquista un ruolo centrale e prioritario. Questo approccio riduce in modo significativo l’utilizzo dei prodotti del sangue, affrontando tutti i fattori di rischio trasfusionale modificabili ancor prima che sia necessario prendere in considerazione il ricorso alla terapia trasfusionale stessa. È una strategia che mette insieme una serie di interventi di tipo multiprofessionale e multidisciplinare. Per ridurre al minimo l’uso di emoderivati e migliorare gli esiti dei pazienti. È pertanto un approccio che coinvolge tutti coloro che ruotano intorno alla gestione di un soggetto che può avere necessità di trasfusioni di sangue. Il ricorso a trasfusioni è un fattore di rischio rilevante per molte complicanze osservate in pazienti ricoverati, tra cui la TRALI e le infezioni nosocomiali che possono contribuire ad un peggior outcome del paziente, determinando un maggior rischio di morbilità e mortalità.  Gli studi hanno indicato che il rischio di infezioni postoperatorie come la sepsi è da due a quattro volte superiore nei pazienti trasfusi rispetto alle coorti non trasfuse, (gestione del sangue del paziente Anesthesiology 06.2012). Il Patient Blood Management (PBM) è un approccio multimodale e multidisciplinare adottato per limitare l'uso e la necessità di trasfusioni di sangue in tutti i pazienti a rischio, con l'obiettivo di migliorarne i risultati clinici, affrontando i fattori di rischio trasfusionale modificabili, ancora prima che sia necessario ricorrere alla trasfusione stessa. Sebbene il PBM di solito si riferisca a pazienti chirurgici, il suo utilizzo clinico si è gradualmente evoluto negli ultimi anni e ora si riferisce anche a condizioni non chirurgiche. Il programma PBM è stato esteso per includere indicazioni non chirurgiche, e ricercatori hanno tentato di applicare questo approccio a diverse condizioni cliniche, incluse Oncologia e la OncoEmatologia, pazienti critici nelle unità di terapia intensiva, pazienti con disturbi epatici o insufficienza cardiaca e in ostetriciaL’implementazione di questi percorsi diagnostico-terapeutici multidisciplinari può infine apportare un contenimento della spesa sanitaria, con una riduzione del 10-20% dei costi trasfusionali.

Gli obiettivi del PBM sono: Miglioramento degli outcome clinici. Prevenzione della trasfusione evitabile. Riduzione dei costi di gestione. 

Il PBM ha tre obiettivi principali che si riassumono così:

  • migliorare il volume corpuscolare dei globuli rossi, con trattamenti stimolanti l'eritropoiesi e integratori di ferro e vitamine;
  • ridurre al minimo la perdita di sangue, ad esempio ottimizzando le tecniche chirurgiche e anestetiche e un attento dosaggio delle chemio
  • sfruttare e ottimizzare la tolleranza all'anemia promuovendo la massima funzionalità polmonare e cardiaca e applicando una soglia trasfusionale restrittiva

Il Patient Blood Management nella medicina pre-operatoria(fonte ATI14)

Il PBM ha come scopo la gestione ottimale dell’anemia, dell’emostasi e il contenimento del fabbisogno trasfusionale allogenico. Enfatizza così l’impiego appropriato degli emocomponenti e, ove applicabile, dei medicinali. Il PBM va oltre il concetto di uso appropriato degli emocomponenti e dei plasmaderivati poiché si prefigge l’obiettivo di prevenirne o ridurne in modo significativo l’utilizzo gestendo in tempo utile tutti i fattori di rischio modificabili che possono comportare la trasfusione. Tutto questo è chiaramente esplicitato nella definizione di PBM secondo la Society for the Advancement of Blood Management per la quale per PBM si deve intendere: “l’applicazione tempestiva di principi medici e chirurgici basati sull’evidenza concepiti e progettati per il mantenimento della concentrazione di emoglobina, l’ottimizzare l’emostasi e la minimizzazione della perdita di sangue allo scopo di migliorare gli esiti dei pazienti” .Da un punto di vista concettuale, l’implementazione dei principi del PBM richiede di: Mettere da parte il dogma che la medesima strategia possa essere applicata indistintamente a tutte le diverse tipologie di pazientiNon utilizzare la trasfusione di globuli rossi come soluzione unica e primaria per la correzione di bassi livelli di Hb; Implementare le varie strategie attraverso la collaborazione dei membri di un team multidisciplinare che lavori basandosi su 4 principi guida: Gestione dell’anemia; Ottimizzazione di una eventuale coagulopatia; Uso di tecniche che mirino ad un risparmio del sangue; Comunicazione con il paziente.

Il PBM e il coinvolgimento del paziente

Tradizionalmente, la trasfusione di globuli rossi ha sempre costituito la terapia di riferimento dell’anemia. Si tratta di una procedura terapeutica consolidata con ormai oltre 100 anni di storia alle spalle. La natura solo apparentemente innocua della trasfusione di sangue, la sua percepita facile disponibilità, il suo relativo basso costo, la facilità con cui può essere prescritta e la capacità di osservarne immediatamente l’efficacia sono tutti elementi che hanno contribuito ad un suo utilizzo molto diffuso. Tuttavia, le prove relative ai possibili effetti dannosi collegati alle trasfusioni sono andate aumentando di anno in anno. Diversi studi hanno dimostrato che i pazienti trasfusi vanno incontro più frequentemente rispetto a quelli non trasfusi a complicanze ed esiti peggiori, tra cui un aumento del rischio di mortalità, morbilità (ictus, danno renale, eventi tromboembolici, infezioni, insufficienza respiratoria) con prolungamento della degenza. Il PBM incoraggia il coinvolgimento attivo del paziente attraverso il colloquio tra quest’ultimo e i curanti circa le varie opzioni disponibili per il suo caso specifico. In definitiva, quindi, il PBM intende garantire a tutti i pazienti una personalizzazione del percorso trasfusionale in base alle esigenze chirurgiche e alle caratteristiche dei pazienti stessi.

La Commissione europea ha pubblicato due guide sulla gestione del sangue del paziente denominato PBM Patient Blood Management (marzo 2017)

1a guida) Costruire programmi nazionali di Patient Blood Management (PBM) nell'UE - Una guida per le autorità sanitarie
2a guida) Supporto alla gestione del sangue del paziente (PBM) nell'UE - Una guida pratica di implementazione per gli ospedali

La rivista Transfusion [*] ha pubblicato risultati impressionanti di un programma PBM completato in 5 anni nell'Australia occidentale, il più grande programma al mondo finora su PBM. Comprendeva 605.046 pazienti ricoverati nei quattro maggiori ospedali per adulti dell'Australia Occidentale, con risultati che mostravano una riduzione del 28% della mortalità ospedaliera, una riduzione del 15% della degenza ospedaliera media, una diminuzione del 21% delle infezioni acquisite in ospedale (pazienti trasfusi sono più suscettibili alle infezioni) e una diminuzione del 31% nell'incidenza di infarto o ictus. L'uso di prodotti del sangue è stato ridotto del 41% durante il periodo di studio, raggiungendo non solo questi significativi benefici per l'esito del paziente, ma anche un notevole risparmio sui costi per il servizio sanitario. [*] Leahy, MF, et al., Risultati migliori e costi ridotti associati a un programma di gestione del sangue dei pazienti del sistema sanitario: uno studio osservazionale retrospettivo in quattro importanti ospedali per terziari adulti. Transfusion, 2017, doi: 10.1111 / trf.14006 [ Free full paper ]

Il Centro Nazionale Sangue (CNS) sta promuovendo dal 2012 – in linea con la Risoluzione WHA63.12 del 21/05/2010 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – il Patient Blood Management (PBM link PDF), una strategia diretta a predisporre metodi e strumenti innovativi e più efficaci per garantire l’appropriatezza della gestione, organizzativa e clinica, della risorsa sangue". «la trasfusione di sangue più sicura è quella che non viene somministrata» (Save blood, Save Lives - Nature Vol 520 2 April 2015 pp. 24-26). I

Interessante quanto pubblicato dal Centro Nazionale Sangue il 22 luglio 2020: 

Più sicurezza per i pazienti, gli ospedali italiani seguono il Pbm(CNS 2020)

“La corretta gestione del paziente alla vigilia di un intervento chirurgico è un momento cruciale – spiega Giancarlo Liumbruno, Direttore generale del Centro Nazionale Sangue. "Sappiamo che il mancato trattamento dell’anemia pre-operatoria equivale all’erogazione di prestazioni sanitarie sub-ottimali, con un aumento del rischio di complicanze anche gravi. Diversi studi hanno quantificato i vantaggi per il paziente, con ad esempio le complicazioni che calano fino al 41% e le riammissioni ridotte fino al 43%, ma anche per i servizi sanitari. Il monitoraggio dello stato di attuazione dell’applicazione delle linee guida e del livello di realizzazione di questo percorso diagnostico-terapeutico assistenziale rappresentato dalla survey, per la quale ringraziamo tutte le Strutture Regionali di Coordinamento per le attività trasfusionali, le Aziende sanitarie che hanno aderito e le Società Scientifiche di settore che hanno contribuito alla elaborazione, è un efficace strumento per la valutazione del suo sviluppo in un’ottica di miglioramento dell’efficacia, della performance e della sostenibilità del sistema trasfusionale nazionale. Su 153 presidi ospedalieri, è stata elaborata una  survey da un gruppo di lavoro nazionale istituito dal Centro Nazionale Sangue composto da rappresentanti di due Strutture regionali di coordinamento (SRC) per le attività trasfusionali (Umbria ed Emilia-Romagna) e delle seguenti Società Scientifiche: Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia (SIMTI); Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare (SIdEM); Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI); Associazione Nazionale Medici Direzione Ospedaliera (ANMDO); Associazione scientifica degli Anestesisti ed Ematologi (ANEMO)."

OMS l'Organizzazione Mondiale della Sanità dal 2010, e di seguito il Ministero della Salute, raccomandano l'adozione di programmi di Patient Blood Management (PBM), ovvero protocolli che consentano di ottimizzare la "risorsa" di sangue del paziente ed evitare, o almeno ridurre, le emotrasfusioni. Il vantaggio pubblicato in letteratura è quello di tempi di degenza postoperatoria più brevi, minore incidenza di infezioni e una ripresa dall'intervento più rapida. Il risparmio di risorse economiche può far dimezzare i costi diretti e indiretti del sangue. Il PBM è nato storicamente per assistere i pazienti Jehovah's Witness (JW), in Italia i Testimoni di Geova, ma le conoscenze di medicina trasfusionale e le tecniche di risparmio del sangue acquisite su questa popolazione sono oggi a vantaggio dei pazienti di tutto il mondo: il PBM deve essere lo standard terapeutico per tutti gli ospedali. Non è solo un' indicazione ministeriale per migliorare i risultati clinici e ridurre i costi, ma è anche una necessità di sanità pubblica. Con l'incremento dell'età si riduce la popolazione di donatori e aumentano i pazienti con maggiori necessità trasfusionali. Già oggi alcune regioni italiane sono in affanno perché il sangue manca in certi periodi dell'anno.

Le Linee Guida Regolatorie Italiane per l'implementazione del Patient Blood Management (Blood Transfusion 2017)

L’Italia è il primo paese in cui il PBM è supportato ufficialmente da un ministero. Nel 2010, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) con la risoluzione WHA63.12, ha esortato tutti gli Stati membri ad attuare la gestione del sangue dei pazienti (PBM). In Italia, il Centro Nazionale Sangue, l'ente governativo deputato al coordinamento del sistema sangue, in linea con la suddetta delibera, ha inserito l'attuazione di un programma PBM tra gli obiettivi del Piano nazionale di autosufficienza 2012 per il sangue e gli emocomponenti. Secondo il Decreto del Ministero della Salute del 4 settembre 2012, in relazione al suddetto piano di autosufficienza, è stato introdotto per la prima volta il concetto di PBM quale strumento per perseguire l'obiettivo del raggiungimento dell'autosufficienza nazionale. Per raggiungere questo obiettivo il Decreto ha stabilito che fosse necessario definire e attuare metodi e misure innovative e più efficaci per garantire un'adeguata gestione clinica e organizzativa del sangue. Nel 2013 fu citato all’interno del Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti del Centro nazionale sangue. Nel 2014 vennero emanate le linee guida del PBM in Italia, articolate in 6 moduli: sanguinamento critico e trasfusione massiva; peri-operatorio; patologie mediche acute o croniche; terapia intensiva; ostetricia; pediatria/neonatologia. Nel 2015 furono pubblicate le "Raccomandazioni per l’implementazione del programma di Patient Blood Management", primo ufficiale documento di PBM italiano; il Decreto del Ministro della Salute del 2 Novembre 2015, definì ed implementò sul territorio nazionale specifici programmi, con particolare riferimento alla preparazione del paziente agli interventi chirurgici programmati. In Italia contiamo centri trapianti e specialistici in bloodless, tra cui Torino, Verona, Padova, Pisa e Taranto. Alcuni sono eccellenze internazionali. Ogni centro che applica il percorso delle linee guida del Ministero della Salute, il PBM Patient Blood Management, dovrebbe specializzarsi in medicina e chirurgia bloodless, cioè senza sangue. Negli Stati Uniti solo ospedali con percorsi dedicati ai pazienti che rifiutano trasfusioni possono ottenere dalla AABB (Associazione Americana Banche del Sangue) la qualifica di eccellenza in PBM (Livello 1). Occuparsi di medicina e chirurgia bloodless è un eccellenza scientifica tanto più con gli eventi catastrofici delle pandemie che purtroppo a quanto si dice continueranno da un virus all'altro. Altro fattore importante è l'indicatore di qualità delle chirurgie e delle OncoEmatologie, oggi misurabile, molto più efficaci se sono attente e fanno scarso uso di trasfusioni. Evitando anche i tanti problemi medico legali di cause di danni post trasfusionali. Diversi professionisti italiani fanno inoltre parte delle società scientifiche del settore, tra queste l’europea NATA (Network for Advancement in Transfusion Alternatives) e la statunitense SABM (Society for Advancement in Blood Management)".