2° Seminario "Coscienza, medicina e alternative al sangue -

Attualità in tema di rifiuto emotrasfusionale"

PRESIDIO ZONA VALDARNO - Sabato 19  febbraio 2000  ore 8:30

'Sala Marilyn' - Via Montegrappa, 4  - San Giovanni V.no (Ar)

"ESPERIENZA DELLA U.O. DI CHIRURGIA DEL VALDARNO IN PAZIENTE TESTIMONE DI GEOVA RISPETTATO NELL' AUTODETERMINAZIONE AL RIFIUTO EMOTRASFUSIONALE ANCHE IN IMMINENTE PERICOLO DI VITA".

Paziente Testimone di Geova in imminente pericolo di vita per emorragia in atto rispettato nel rifiuto emotrasfusionale.

Esperienza personale.

Dott. Luigi Gervino

Responsabile U. O. Chirurgia USL 8 - Zona Valdarno

La collaborazione fra il Comitato per l’assistenza sanitaria dei Testimoni di Geova e la U.O. Chirurgia da me diretta risale a molti anni fa ma è stata rafforzata e rinsaldata dal buon esito di un caso clinico ad esordio critico.

D. Elio, Testimone di Geova, di anni 64 fu trasferito il 31/03/95 da un altro ospedale con diagnosi di "grave stato anemico in gastroresecato".

Il paziente, sottoposto a resezione gastrica per ulcera duodenale venti anni prima, riferisce che da circa dieci giorni ha notato la comparsa di feci picee per sanguinamento a carico delle vie digestive superiori. L’emorragia nei giorni successivi è stata modesta ma progressiva : al momento del ricovero i globuli rossi risultavano essere 1.450.0000 e l’emoglobina molto bassa (4,2 gr./dl.). Nonostante tali valori dell’emocromo le condizioni emodinamiche erano stabili in quanto il lento e progressivo instaurarsi dello stato anemico aveva permesso l’attivazione di meccanismi omeostaticí che comunque potevano in qualsiasi momento scompensarsi con comparsa immediata dello shock ipovolemico.

Si procede quindi immediatamente a fluidoterapia per mantenere stabile la volemia, ossigenoterapia ed a terapia medica con ranitidina, octreotide, eritropoietina.

Viene posizionato un catetere venoso centrale per misurare la pressione venosa centrale e quindi tentare di ottimizzare il reintegro volemico, un catetere vescicale per monitorizzare la diuresi, un sondino naso-gastrico per evidenziare le perdite ematiche gastriche e soprattutto per procedere a

lavaggio gastrico preliminare alla gastroscopia effettuata immediatamente che evidenzia un’ulcera gastrica del moncone e che permette l’immediata emostasi effettuando la sclerosi endoscopica.

Il paziente viene seguito con la dovuta attenzione monitorizzando i parametri vitali, il decorso successivo si presenta senza particolari problemi, e viene dimesso il 15/04/95 con 2.800.000 globuli rossi e 7,5 gr./dl di emoglobina. Il controllo endoscopico a distanza di due ed otto mesi conferma la guarigione dell’ulcera ed a quattro anni di distanza il paziente gode ottima salute e non presenta recidive ulcerose.

"Buon uso del sangue in chirurgia" significa, a nostro avviso, il "non uso del sangue" ed è possibile centrare questo obiettivo seguendo alcune regole fondamentali in elezione ed in urgenza.

Nella chirurgia d’elezione fondamentale è l’emostasi accurata, piano per piano, cercando di avere sempre il campo operatorio esangue, anche a costo di un lieve aumento dei tempi chirurgici, legando o cauterizzando con meticolosa attenzione ogni punto sanguinante ed ogni piccolo vaso.

La prima regola chirurgica è la legatura preventiva dei peduncoli vascolari in corso d’exeresi di organi o parte di organi ( exeresi "regolata" ovvero anatomicamente razionale ) non solo per rispondere al "non uso del sangue" ma anche per effettuare un atto oncologicamente corretto.

La legatura preventiva del peduncolo arterioso e quindi venoso impedisce l’embolizzazione neoplastica e la diffusione di cellule maligne per via ematica a partenza dalla neoplasia che viene manipolata, ed in qualche modo spremuta, dal chirurgo.

In urgenza è richiesta una diagnosi tempestiva e corretta e quindi una immediata terapia adeguata al tipo di patologia da trattare ed all’entità del danno provocato.

Le emorragie digestive superiori rappresentano l’esempio paradigmatico della necessità della corretta sequenza diagnosi-terapia al fine di evitare le emotrasfusioni.

Fino a qualche anno fa l’atteggiamento dei chirurghi di fronte ad un’emorragia digestiva superiore era piuttosto diversificato.

Di fronte ad un’emorragia in paziente emodinamicamente stabile si preferiva attendere la cessazione del sanguinamento gastro-duodenale per effettuare, con calma, in ambiente gastrico esangue, una diagnosi che purtroppo spesso sfuggiva in quanto la lesione dopo pochi giorni rimarginava salvo poi risanguinare a breve scadenza riproponendo, a volte con urgenza, il problema diagnostico in precedenza irrisolto.

In corso di emorragia copiosa in condizioni emodinamicamente instabili, con shock ipovolemico incipiente o conclamato, la maggior parte dei chirurghi preferiva ricorrere immediatamente all’intervento laparotomico con intento esplorativo e terapeutico e, con una certa frequenza, effettuando demolizioni ed exeresi a volte non proporzionate alla lesione da trattare.

L’endoscopia digestiva ha risolto quasi del tutto questi problemi : è necessario effettuarla sempre, appena si ricovera il paziente, senza aspettare, per porre subito una diagnosi di certezza ed effettuare in un tempo unico la necessaria terapia ( sclerosi di ulcere sanguinanti o legatura elastica di varici esofagee ) endoscopica.

Questo richiede competenza e professionalità degli operatori medici ed infermieri, organizzazione dell’équipe, videoendoscopi adeguati e moderni. Oggi è impensabile gestire una chirurgia d’urgenza senza questa necessaria preparazione di personale ed attrezzature.

La chirurgia di ieri s’identifica con il detto popolare "grande taglio, grande chirurgo": il grande chirurgo effettuava grandi incisioni per vedere bene, per effettuare con rapidità ampie exeresi, poco attento all’emostasi, anzi al limite commisurando l’entità dell’intervento alla quantità di emotrasfusioni necessarie intra e postoperatoriamente.

La chirurgia di oggi è all’opposto mininvasiva, laparoscopica, il ricovero è ridotto al minimo con la preospedalizzazione, la dimissione protetta, la day-surgery, il paziente viene allontanato solo per il tempo assolutamente indispensabile dal proprio ambiente domestico : nel bagaglio culturale del chirurgo moderno vi è il rispetto assoluto del paziente e della sua volontà.

Possiamo affermare che il ridurre al massimo le perdite ematiche ed evitare le emotrasfusioni è uno dei principi fondamentali della moderna chirurgia.