4° Seminario “Coscienza, medicina e alternative al sangue

       Attualità in tema di rifiuto emotrasfusionale”

Presidio Zona Valdichiana 
Sabato 11 marzo 2000 ore 8,30 - Sala Riunioni
Via G. Maffei, 22 - Ospedale di Cortona – Ar

Dott. Pierluigi Liumbruno 

Responsabile Servizio Trasfusionale  Zona Valdichiana

Il buon uso delle alternative al sangue è una ulteriore protezione per la collettività ai rischi attuali ed emergenti dell'emotrasfusione.

La trasfusione di sangue ed emocomponenti non è pratica esente da rischi e le reazioni trasfusionali possono essere inquadrate in immediate o ritardate, da causa immunologica o non immunologica. 
Reazioni immediate immunologiche:
> La reazione trasfusionale emolitica acuta, scatenata da una reazione antigene anticorpo, mediata da risposte neuroendocrine, dall'attivazione del complemento e della coagulazione. Le conseguenze cliniche che ne derivano sono lo shock, la C.I.D. e l'insufficienza renale acuta. 
> La reazione febbrile non emolitica con rialzo termico e brividi causata dalla presenza nel plasma del ricevente di anticorpi citotossici o agglutinanti contro antigeni leucocitari o piastrinici del donatore. 
> Reazioni allergiche orticarioidi causate talora da anticorpi del ricevente rivolti contro determinanti antigenici delle proteine sieriche del donatore. 
> Anafilassi causata da anticorpi anti Ig A in pazienti Ig A carenti o da reazioni a tracce di un farmaco o di un allergene presente nell'emocomponente trasfuso e al quale il ricevente è sensibile. 
> Edema polmonare non cardiogeno, raro, caratterizzato dal classico quadro radiologico e sintomatologico senza insufficienza cardiaca e dopo infusione di volumi troppo piccoli per pensare a ipervolemia. Causato da reazione tra leucoagglutinine del donatore e leucociti del ricevente con formazione di aggregati leucocitari che, intrappolati nel microcircolo polmonare ne altererebbero la permeabilità vascolare. 
Reazioni immediate non immunologiche:
> Edema polmonare acuto che si può verificare per un eccesso di volume infuso o per una velocità di infusione troppo elevata. 
> Shock settico con febbre dovuto a contaminazione batterica degli emocomponenti. 
> Emolisi con o senza sintomatologia dovuta all'infusione di sangue danneggiato per cause chimiche o fisiche come congelamento o surriscaldamento o aggiunta di farmaci o soluzioni iper o ipotoniche. 
> Ipotermia, iperkaliemia, ipocalcemia.
> Embolo di aria o microembolia. 
Reazioni ritardate immunologiche:
> Reazione trasfusionale emolitica ritardata, dovuta ad una risposta anticorpale anamnestica in soggetti precedentemente immunizzati. 
> Alloimmunizzazione primaria. 
> Porpora trombocitopenica post-trasfusionale . 
> Malattia da trapianto verso l'ospite (GVHD). Pazienti a rischio sono quelli con linfopenia, con immunodeficienze congenite o acquisite o sottoposti a trapianto di midollo. 
> Altri effetti immunologici da ricordare sono l'immunosopressione indotta da trasfusione di emocomponenti con buffy coat che può causare una riduzione della reazione di rigetto dei trapianti di organi solidi, una favorita crescita tumorale in pazienti neoplastici, traumatizzati resi più suscettibili alle sepsi. 
Reazioni ritardate non immunologiche:
> Emosiderosi post trasfusionale 
> Trasmissione di malattie infettive batteriche, virali, parassitarie quali epatite B, C, AIDS, sifilide, CMV, malaria solo per ricordare le più frequenti. 
La prevenzione della trasmissione di malattie infettive è affidata allo screening per le epatiti B e C, HIV, sifilide che viene effettuato su ogni donazione e all'utilizzo in Italia solo di donatori volontari e non retribuiti. Tali sistemi ci garantiscono sufficientemente ma non totalmente e la possibilità di contrarre una malattia come l'epatite C è stimata in una su centomila trasfusioni mentre quella di contrarre l'AIDS e di circa una su un milione. Ciò è dovuto all'esistenza del cosiddetto periodo finestra, che dura alcune settimane, e che intercorre tra l'infezione e la possibilità di mettere in evidenza gli anticorpi che si formano e che sono utilizzati per i test diagnostici. 
Per tutti questi motivi, e per razionalizzare la risorsa sangue in modo che si riesca a raggiungere l'autosufficienza, è necessario conoscere ed utilizzare al meglio le alternative alla trasfusione di sangue omologo. 
Innanzitutto è importante ricordare che non esiste un livello soglia per la trasfusione di sangue e che pazienti con livelli di HGB superiore ai 7 g/dl raramente richiedono il supporto trasfusionale, a meno di complicazioni infettive, cardiache o polmonari che aumentino la richiesta di ossigeno tessutale. Anemie croniche di varia natura danno il tempo all'organismo di mettere in atto i meccanismi compensatori che garantiscono la sopravvivenza, a riposo e senza complicazioni, con livelli di HGB bassissimi, anche inferiori a 4 g/dl. Tutto ciò è ottenuto aumentando la frequenza cardiaca e la gittata, aumentando la sintesi di 23DPG che assieme alla relativa acidosi tissutale dovuta alla ipossia sposta la curva di dissociazione dell'emoglobina facendo si che venga ceduta una maggior quantità di ossigeno ai tessuti. Diverso è il caso di emorragie gravi e acute. Quindi prima di richiedere una trasfusione si dovrebbe sempre prima fare una valutazione globale del paziente senza far riferimento a valori soglia che non hanno nessun valore assoluto. 
Valide alternative alla terapia trasfusionale in caso di emorragie acute sono rappresentate dagli espansori plasmatici che permettono di mantenere la volemia a livelli tali da garantire una adeguata gittata cardiaca. Tali espansori sono sostanze colloidi o cristalloidi come il Ringer lattato, destrano, albumina o la semplice soluzione fisiologica. 
Nel caso di pazienti chirurgici la necessità di garantire la sicurezza della trasfusione evitando i rischi ad essa connessi ha fatto sempre più aumentare l'interesse nei riguardi delle pratiche di autotrasfusione, termine che indica genericamente qualsiasi procedura nella quale il sangue o altro emocomponente viene prelevato e successivamente reinfuso alla stessa persona. I benefici di tale pratica sono evidenti: 
> Non trasmissione di malattie infettive. 
> Assenza di reazioni trasfusionali. 
> Stimolazione dell'eritropoiesi grazie ai salassi. 
> Diminuzione delle richieste di sangue.
Le tre maggiori forme di trasfusione autologa sono: 
I. Predeposito.
2. Emodiluizione normovolemica. 
3. Recupero intra e post operatorio. 
Il predeposito è indicato per tutti i pazienti che debbano essere sottoposti ad un intervento di chirurgia elettiva che si prevede possa richiedere una trasfusione. I criteri di idoneità sono necessariamente meno rigidi che per la donazione omologa: non vi è limite di età, di peso, l'emoglobina deve essere superiore a 11.5 g/dl. Il rischio maggiore correlato alla donazione è lo sviluppo di una ipotensione risultato di una reazione vaso vagale; tali episodi possono essere potenzialmente pericolosi in pazienti con aterosclerosi, insufficienza cardiaca congestizia, in terapia con farmaci che inibiscono la risposta compensatoria cardiovascolare come ad esempio i beta bloccanti, per cui dovrebbero essere esclusi tutti i pazienti con angina instabile o a riposo, infarto cardiaco nei tre mesi precedenti, insufficienza cardiaca congestizia, stenosi aortica, TIA. 
Un criterio di esclusione assoluta è una batteriemia anche solo sospetta. La procedura prevede il predeposito di una o più sacche nei giorni precedenti l'operazione con contemporanea prescrizione di ferro per os eventualmente associato a eritropoietina nel caso di anemia. 
Il midollo osseo sotto lo stimolo del salasso e della terapia marziale può aumentare la capacità di eritropoiesi di 5 6 volte e ancora di più se stimolato da terapia con eritropoietina. 
L'emodiluizione normovolemica consiste nel prelievo di una o due unità di sangue dopo l'induzione dell'anestesia rimpiazzando il vulume con soluzioni colloidi o cristalloidi. Il sangue cosi raccolto viene successivamente reinfuso al termine dell'operazione. Ciò permette una diminuzione della viscosità ematica e permette un incremento della gittata cardiaca che compensa il minor trasporto di ossigeno, inoltre la riduzione dell'ematocrito determina una minor perdita di emazie. 
La terza maggior forma di autotrasfusione prevede il recupero intra e post operatorio del sangue perso durante l'intervento e la successiva reinfusione. Il sangue viene raccolto usando particolari aspiratori, trattato con anticoagulante, filtrato e/o lavato e successivamente reinfuso. 
Le uniche controindicazioni assolute sono gli interventi su ferite settiche per il pericolo di una batteriemia e su tumori maligni per il pericolo di disseminazione di cellule neoplistiche.

Dott. Pierluigi Liumbruno